Maria Magdalena e la prima pedagogia del Flamenco

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La prima pedagoga del flamenco

Trattandosi di una danza di origine spontanea e di tradizione non accademica, il Flamenco non ha sviluppato tradizionalmente alcuna pedagogia. Fino ad oggi, il più delle volte le lezioni di baile consistono nell’apprendimento di sequenze coreografiche più o meno complesse a seconda del livello di preparazione degli allievi.

Negli anni 80 e 90 a Madrid, nella mitica sede storica della più famosa scuola di Flamenco di tutti i tempi, l’ “Amor de Dios”, situata nella omonima via di Madrid, a un passo dalla fermata di Metro Anton Martin, ogni giorno c’era lezione di tecnica del Flamenco con la Maestra delle Maestre: Maria Magdalena. Una donna piccolina, rotondetta, con una personalità molto spiccata e un solido background di danza classica e scuola Bolera, ha cercato di trovare le chiavi della pedagogia del flamenco, proprio come si fa nella danza classica. Una sorta di “sbarra”!

Ogni giorno elargiva le sue perle di saggezza attraverso lezioni durissime di una tecnica severa e senza scampo. le lezioni avevano luogo dal lunedì al venerdì compresi, 2 ore al giorno, nel tardo pomeriggio: tecnica e coreografia. Le lezioni di sola tecnica prevedevano un giorno solo braceos, un giorno solo nacchere, un giorno solo vueltas, giri, e i restatnnti due giorni solo passi di ritmica di piedi. Maria Magdalena non era disposta a compromessi: durante la lezione di ritmica, si dovevano scoprire molto bene piedi e gambe, e se qualcuno tentava di nasconderle sotto la gonna, candidamente la Maestra chiedeva di toglierla. Sì: toglierla. E restare in body (allora si usava così!), un po’ come con un costume da bagno. Controllava severamente che il corpo venisse sempre controllato e tenuto con una forza incredibile, che le articolazioni venissero usate al massimo delle loro possibilità umane, e possibilmente anche al di là di esse.

Un enorme numero di ballerini, dapprima spagnoli e poi sempre più numerosi noi stranieri, hanno frequentato le sue lezioni, acquisendone un incancellabile “format” pedagogico, innegabile, indiscutibile.

I suoi esercizi di ritmica dei piedi erano fra i più “temuti”: faticosissimi. La sala, la più grande della accademia, non misurava più di una cinquantina di metri quadrati ed era sempre gremita fino all’inverosimile. All’epoca evidentemente non c’era né aria condizionata né sistema di ventilazione o di ricircolo, per cui si sudava da morire, armati di asciugamani e bottiglie. Le sue “tablas” ritmiche, le sequenze di passi, sono diventante un classico dello studio del flamenco, e vengono ovunque utilizzate anche da chi non sa neppure che questa Maestra sia mai esistita.

Possiamo in realtà vederla in azione in un film di Carlos Saura, “Carmen Story”, del 1983, nella scena in cui il grandissimo ballerino e coreografo Antonio Gades, accanto a Paco De Lucia, che nel film interpreta se stesso, va in una scuola di danza a cercare una ballerina da scritturare per il suo spettacolo Carmen. Su youtube la possiamo veder insegnare nacchere.

Dopo la lezione di tecnica, la Maestra faceva lezione con sequenze coreografiche di passi su un palo flamenco, magari insegnando ad usare il manton.

L’attenzione, la concentrazione ed il rispetto erano massimi.

Ciononostante, nessuno parla di lei, e se cerchiamo informazioni on line, non ne troviamo.


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